Nell’accezione comune in un eventuale approccio ad un percorso di psicoterapia si pensa che alla base di una scelta del genere si debba essere colpiti da chissà quale patologia, disagio estremo ed altre situazioni affini.
E questo fino a poco tempo fa era pensiero di molti ed apparteneva ad un sottile, ma profondo retaggio culturale che ha contribuito negli anni a guardare alla psicoterapia come una disciplina chiusa ed efficace solo in determinati ambiti della realtà sociale.
Ma a partire dallo sviluppo di altre accezioni con la quale la psicoterapia è vista, ci si è iniziati a domandare altro, ed in particolare, a come quest’ultima possa invece essere per molte persone una grande risorsa per la loro crescita individuale e quindi collettiva.

Erving Polster nel libro la Terapia della Gestalt Integrata, fu uno dei primi a porsi determinate domande e ad affermare in tutto il suo percorso di lavoro come la psicoterapia non sia utile soltanto per chi sta male, ma al contrario, come sia possibile estendere alla comunità tutte quelle prospettive che si sono scaturite proprio dal lavoro con gente diciamo “disturbata”.

Il passaggio è sopratutto sottolineato dal fatto che mentre prima gli psicoterapeuti erano chiusi nei loro studi, quasi in isolamento, ed erano abituati a pensare alla terapia come basata esclusivamente sulla diade paziente/terapeuta, ora ci si interroga anche cosa c’è fuori dal setting terapeutico, da dove viene il paziente, come interagisce all’interno del suo ambiente che entra a far parte in maniera preponderante dentro la terapia.

La persona oggi si trova infatti, molto più di qualche tempo fa dentro una società definita da Baumann “liquida” e che offre sempre meno certezze e conferme.
Questo può scaturire incertezze, ansie, paure ed interrogativi su dove si sta andando e cosa si sta facendo della propria vita o magari semplicemente sulla difficoltà nel comunicare con l’Altro.

E’ naturale, al contrario di quello che possano pensare molte persone, che la psicoterapia non può fornire delle risposte esatte e precise, ma in una visione olistica della persona, può co-costruire insieme a lei delle indicazioni su come affrontare un proprio personale percorso di crescita, pensando e sottolineando più che all’importanza della cura, alla prospettiva di una nuova scoperta di sè stessi.

La terapia quindi come una nuova modalità che può offrire alla persona, attraverso la relazione diadica con il terapeuta, l’opportunità di mettersi in gioco, di alimentare le sue capacità di costruire delle nuove relazioni, di sperimentarle, di consolidare e vedere un senso del Sè migliore e più costruttivo.

Questo induce a pensare in maniera diversa, a guardarsi in modo più consapevole, mettendo in figura quali sono le risorse sulle quali puntare e lavorando in contemporanea, laddove sia necessario, su alcuni blocchi emotivi che possono interagire nella vita quotidiana creando disagi e/o insoddisfazioni.

Siamo purtroppo noi terapeuti e la terapia avvolti da un alone di scetticismo comune come ad esempio che è un percorso che può essere molto costoso e che non porta a nulla, è vero che siamo superstiti da terapie che duravano anni, ma oggi alcuni modelli già dopo poco tempo mostrano i primi risultati e laddove ciò non fosse è bene parlarne insieme con il proprio  terapeuta.

Anche i costi si sono modificati, è vero che comporta a volte un sacrificio venire in terapia, ma è un investimento per la propria persona e rimettere in moto le proprie energie, anche perchè c’è un altro mito da sfatare e cioè che non sempre ci si dispera quando si viene agli incontri, può capitare che al contrario siano rigenerarti e spiritosi e che si sprigionano momenti di umorismo insieme.

Per questo tornando al quesito di partenza, è importante affermare che no, la terapia non è utile soltanto a chi sta male, ma può avere numerose sfaccettature all’interno della vita di una persona che sceglie di fare un percorso terapeutico, in cui si rompe a volte un implicito isolamento e nel quale si può ri-trovare e ri-conoscere il proprio meraviglioso potere personale.