Sarà perché oggi è la festa di Halloween o sarà perché è un film al quale come spettatrice ed amante della cinematografia in bianco e nero sono particolarmente affezionata, mi è capitato di far andare i miei pensieri verso una figura del cinema per niente rassicurante, ma a mio avviso, affascinate, come quella del vampiro.
Da sempre credo che sia una figura letteraria, cinematografica che ha affascinato tante persone e che attivi nel nostro immaginario una serie di significati sconosciuti ai più, anche talvolta a noi che siamo gli ”addetti ai lavori mentali ed emotivi”.
In particolare di tutte le rivisitazioni che nonostante la tecnologia, il 3D ed i vari remake, mi ha sempre colpito per la narrazione visiva e del personaggio del vampiro, è stato il film “Nosferatu” di F.W. Murnau, datato 1922.
Si potrà pensare che il fatto che sia in bianco e nero, possa suscitare meno angoscia e terrore, ma il gioco di luci ed ombre, l’ambientazione inquietante, le immagini cupe, morbide dove regna disperazione e malessere fanno di questo film un insieme di simboli e paure che fanno parte dell’intera esistenza.
Le radici di questo primo archetipo di personaggio, vanno ricercate nel filone, tipicamente romantico, di tipo “esoterico-cimiteriale”, che poi divenne il romanzo gotico e che, nella letteratura italiana, trova la loro espressione nelle pagine degli scapigliati .
La morte conduce alla scomparsa della vita, del corpo, della coscienza di Sé e tutto questo per l’Uomo è difficilmente accettabile, ed ecco che si crea la figura del “Non-morto” che rappresenta non un desiderio al quale aspirare, ma un incubo dal quale fuggire.
Il personaggio è inquieto, solo ed incapace di provare emozioni, sentimenti ed il dono dell’immortalità è una manifestazione di tutto ciò che proprio con la morte si voleva esorcizzare e questo nuovo stato diventa una forma di dannazione eterna e, come una specie di virus incontrollabile, vissuta come un’addiction, non gli dà tregua e né serenità.
La figura del vampiro successivamente riprodotta al cinema, ha rappresentato l’ambiguità, la sensualità, il passaggio tra amore e morte, tra la bellezza e l’orrore per utilizzare le parole di Freud, del sonno e della veglia in un continuum che non ha punti precisi di sutura.
Ma al contrario nel film di Murnau, massima espressione del cinema neo-realista tedesco, il vampiro, il non-morto presenta un corpo straziato, calvo, ed una postura appartenente più al mondo dei freaks che non di un possibile quanto improbabile seduttore fascinoso delle tenebre.
Nosferatu il vampiro può essere visto come il lato oscuro dell’altro protagonista, il giovane avvocato Jonathan Harker, inviato in Transilvania dal suo capo, per curare l’acquisto di un’abitazione a Londra fatto da un nobile locale, appunto il Non-morto.
E’ la parte selvaggia, non consapevole di Harker, che incarna invece l’uomo moderno, preso e magari schiacciato dal peso dei doveri sociali che forse non vuole e non che può permettersi di ascoltare la sua parte più fragile, più irrazionale, più istintiva legata anche ad un sottile ed inconfessabile piacere per ciò che la società non permette.
E ciò che è diverso da noi, sia fuori che dentro, che a volte va taciuto, non visto e sconfitto perché ne abbiamo paura, perchè non siamo stati magari educati e preparati a sentire cosa ciò provoca in noi, cosa la relazione con un mondo nuovo, può scatenare.
Un giorno, infatti, Harker entrando in contatto con la sua parte oscura, Nosferatu, non riuscirà a mantenere l’ordine, la stabilità emotiva e mentale e la sua vita si sgretolerà in frantumi.
E mi chiedo quanto tutto questo, fuori da ogni spunto e metafora cinematografica possa succedere a molte persone che vivono una vita ordinaria, magari tranquilla, ma che non riescono in qualche momento ad ascoltare ciò che c’è di diverso e di nuovo intorno, e dentro di loro, soffocandolo per timore e per non avere la consapevolezza di ciò che davvero sentono nella e della loro parte Oscura, dei loro sensi e dei loro bisogni anche quelli più elementari.
Entrare in contatto con tutto questo, esorcizza ciò che fa paura e rende più consapevoli della nostra natura e di chi siamo e forse instaura una riflessione anche sulla relazione con il campo sociale e di tutti i suoi introietti.